La mostra dedicata a Carlo Carrà, aperta al Palazzo Reale di Milano fino al 3 febbraio, presenta l’ interessante percorso artistico di questo protagonista della pittura italiana del XXesimo secolo, noto ai più per la fase futurista ma ben lontano dall’essere stato “solo” futurista.
La prima importante opera esposta é l’allegoria del lavoro del 1905 prestata da Brera che testimonia la vicinanza a Pellizza da Volpedo ed ai divisionisti, non solo per la tecnica ma anche per la tematica. In quest’opera peró, l’atmosfera vagamente sognante e l’idealizzazione del soggetto lo dividono dal rigore di Pellizza e quasi lo avvicinano più a Sartorio (anche se il paragone é per altri versi azzardato). Confermano l’iniziale vicinanza al divisionismo anche le opere provenienti dalla Estorick Collection di Londra e dal Museo del Novecento. Si prosegue con i primi affascinanti disegni del secondo decennio del secolo nei quali il futurismo, la critica, la grafica e cronaca sono indiscusse protagoniste. Le provenienze di queste carte sono delle più disparate tanto che un ritratto di Soffici arriva addirittura da Yale. Fa piacere sapere che qualcosa del nostro futurismo sia arrivato fino a Yale! Nelle tele degli stessi anni si ravvisano somiglianze con Kirchner come in “Luci notturne” del 1911 e con il cubismo scoperto durante il soggiorno parigino. La seconda sala é invece dedicata alle opere a partire dal 1915: il distacco dal futurismo é chiaramente riscontrabile nella sintetica resa dei volumi puri di “La Carrozzella” che anticipa la stagione metafisica degli anni subito successivi, caratterizzati da un personale colorismo e primitivismo. Magnifici i capolavori di questo periodo ferrarese nel quale Carrà conobbe De Chirico e Savinio! Da questo periodo si passa all’anno della svolta, il 1922, l’anno in cui Carrà decise di non accompagnarsi più ad altri ma di proseguire da solo. Paesaggi caratterizzati da scorci tra le case, barche, vedute marine e i luoghi del cuore come Forte dei Marmi -protagonista della vita dell’artista a partire dal ’29- sono i soggetti prediletti. Passando per le nature morte degli anni ’30 si arriva alle volumetrie dei corpi che lo avvicinano al Novecento di Sironi, a Campigli o anche alla solidità del figurativismo di Picasso di quegli anni. Magnifiche le opere prestate del Museo del Novecento e i Nuotatori della collezione Falsitta. Completano la mostra le sale dedicate agli anni ’40 ’50 e ’60 in cui la plasticità é protagonista nelle nature morte, nei paesaggi e nei ritratti.
Un interessante viaggio dunque nella pittura italiana del XX secolo attraverso le opere di un artista che in 85 anni di vita ha attraversato alcune delle correnti più importanti del secolo, ignorandone completamente altre in una personalissima cernita che ha fatto di lui uno degli artisti più riconoscibili del ‘900. Dal punto di vista del mercato, la vastità della sua produzione dagli anni ’40 in poi non consente per ora il raggiungimento di apici significativi mentre molto apprezzate risultano le opere del periodo futurista, finalmente premiate anche all’estero. La luce si accende ora sulle opere degli anni ’30, sotto i riflettori di chi sta tentando di rivalutare un periodo di figurativismo a lungo trascurato. La mostra dedicata a Margherita Sarfatti al Museo del Novecento, l’esposizione dedicata agli anni ’30 tenutasi presso la Fondazione Prada l’anno scorso e ora questa personale di Carrà, confermano quanto auspicato dalla critica da tempo.