…o é incomprensibile.
Lascio uno spiraglio nella speranza di essere stata io non capire questa mostra.
Conosco l’opera di Stefano Arienti da quando presentó una bellissima personale allo Studio Guenzani di Milano oltre 10 anni fa. Amo il suo stile e i suoi lavori ma questa volta devo proprio dire che la mostra a Sant’Eustorgio non mi è piaciuta per niente.
Il dialogo tra contemporaneo e antico, in questi anni molto in voga, viene spesso e volentieri utilizzato per riportare all’attenzione del pubblico l’antico, vittima di un cambio di gusto che ha bandito l’arte antica dalle case e ha portato un forte ridimensionamento dei visitatori dei musei meno considerati meno cool.
La realtà è che non sempre questa operazione di accostamento antico/contemporaneo dà buoni risultati e la mostra di Arienti a Sant’Eustorgio a mio parere ne é una prova. La brochure con la lettura di Angela Vettese aiuta ad avvicinare il visitatore alla concezione sottesa alle opere ma non é sufficiente: gli accostamenti dei lavori di Arienti alle opere antiche delle cappelle non trovano spiegazioni, né parallelismi, alcun rapporto! Paiono solo azzardati posizionamenti di opere che non dialogano per niente con l’ambiente in cui vengono collocate: le rivisitazioni ad esempio di Van Gogh e Monet dei fiori su fondo oro pretenderebbero di dialogare con i fondi oro antichi ma non sono nemmeno collocati accanto a fondi oro…Stesso discorso per i tappeti tinti collocati nella Sagrestia, mentre le stampe con cerniere o cuciture non hanno motivo di essere collocate in mezzo agli affreschi…
Non trovano grande motivazione per me nemmeno le stampe su carta ricomposte in un puzzle che evidenziando la riflessione necessaria per creare un puzzle pretenderebbero di rimandare alla concentrazione necessaria per la preghiera…
Gli unici interventi che trovo sensati ed esteticamente piacevoli sono i teloni dipinti che, seppure passino piuttosto inosservati ai visitatori, hanno un legame reale con le opera della chiesa (con l’Adorazione del Magi di Michelino da Besozzo ad esempio).
Insomma, ben venga il dialogo con il contemporaneo se serve a svecchiare un’istituzione come il complesso di Sant’Eustorgio/Museo Diocesano che di certo non é tra le più cool di Milano, ma… riproviamoci perché stavolta non é stato un gran successo.