Emilio Vedova nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale

Bellissima e suggestiva la mostra di Palazzo Reale dedicata a Emilio Vedova.

La storia artistica di Vedova comincia prestissimo, a 11 anni quando comincia a lavorare in una fabbrica di decorazioni a smalto.

Questo gli consente di prendere confidenza con le superfici e con i colori e accresce in lui l’interesse per il disegno e la decorazione. Imparentato con il pittore Antonio Mancini, riceve a 18 anni l’invito a soggiornare un anno a Roma presso lo zio per approfondire gli studi all’Accademia e, tornato a Venezia, continua dedicarsi assiduamente allo studio e alla pittura, assecondando quella che era già percepita dalla famiglia come una predisposizione naturale.

Di fede antifascista, si lega presto ad artisti come Giulio Turcato e negli anni ’40 approda a quello che sarà il suo inconfondibile stile.

Queste due bellissime tele in mostra attestano anche la breve fase creativa caratterizzata dalla geometria che permea un periodo tra gli anni ’49-’50 ma ben presto Vedova abbandona la rigidità per tornare a quello che in America sarebbe stato definito un personalissimo espressionismo astratto.

Artista creativo ed eclettico, realizza anche scenografie, costumi e bozzetti per l’opera lntolleranza del 1960 di Luigi Nono.

Nel ’63-’65 vedova si trasferisce a Berlino dove realizza il ciclo dei Plurimi e sette di essi verranno esposti a Documenta III. È chiamato in seguito negli Stati Uniti e a Salisburgo, dove insegna per cinque anni.

Dal ’66 lavora nella ex Abbazia di San Gregorio Venezia e nella Fornace di Venini a Murano per la preparazione di Percorso Plurimo Luce. La sua partecipazione al padiglione italiano per l’esposizione universale di Montréal del 1967 lo rende ancora più noto a livello internazionale. Gli viene assegnato uno studio ai Magazzini del Sale affacciati sul canale della Giudecca tuttora sede della Fondazione Vedova.

Solidale con il movimento studentesco giovanile, rifiuta l’invito alla Biennale di Venezia e si dedica alla grafica. Nel ’74 invece è viva la sua partecipazione agli eventi correlati della Biennale dedicata alla difesa del popolo cileno.

Nel ’76 torna a dedicarsi alla pittura con il ciclo De America, grandi teleri quasi monocromi che si riferiscono ai viaggi negli Stati Uniti.

Nel biennio successivo, ’77-’78, inizia lavorare anche al ciclo Lacerazione. Plurimi/ binari e avvia i due cicli di Cosiddetti Carnevali e Frammenti scheggia.

Dopo il lungo viaggio in Messico compiuto con la moglie si dedica ai cicli Compresenze (’81-’82), Recording (’81-’82), Supporti transitori (1982), Rossi (’83), Als ob (’83-’84), Emerging (’83-’84), Da dove (’83-’84) , Di umano (’83-’85).

Infaticabile, nel 1981 organizza la mostra Compresenze 1946 1981 a San Marino, cui segue Documenta VII nel ’82 alla quale presenta cinque grandi teleri dai cicli Compresenze ed Emerging.

Nell’83 conclude i Cosiddetti Carnevali e lo stesso anno torna dedicarsi all’opera per le musiche di Luigi Nono.

Dal 1985 comincia a lavorare ai Dischi, grandi forme circolari su legno di importante spessore che dipinge su entrambe le facce. La forma del cerchio verrà utilizzata anche nei cicli dei tondi degli Oltre e dei Non dove.

Sempre attento all’attualità, rimane profondamente colpito dalla guerra in Jugoslavia e in particolare dall’incendio della biblioteca di Sarajevo nel 1992 in memoria della quale realizza la splendida Chi brucia un libro brucia un uomo esposta in mostra.

L’allestimento studiato dallo studio Kirimoto con una parete di 34 metri che taglia trasversalmente la Sala delle Cariatidi rende ancora più maestose e suggestive le opere esposte.

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