Georges de la Tour

Ha aperto i battenti a inizio febbraio la mostra dedicata a questo artista francese di cui si sa relativamente poco ma che gli storici dell’arte, a partire da Longhi fino a Rosenberg, hanno cercato di fare conoscere e rivalutare. Georges de la Tour ha saputo coniugare la lezione di Caravaggio allo studio della luce tipicamente nordico, sintetizzando il tutto in una formula chiaramente identificabile.
La mostra segue l’importante esposizione del 1972 a Parigi. È divisa per temi, cosa che a me in genere piace poco ma che in questo caso ha consentito di affiancare diverse opere di contemporanei pur non creando la solita confusione. Davvero riconoscibile infatti il tocco del primo periodo (dal 1615) rispetto a quello del secondo (dal 1640 circa), testimoniato in particolare da diverse opere del 1650.

Purezza, umiltà e rigore in questa Maddalena in prestito dalla National Gallery di Washington. Datata 1635-40, questa opera va letta in chiave cattolica, con tutte le declinazioni di austerità che impone il Concilio di Trento all’arte a partire dagli anni ’60 del 1500.

La serie dei Santi di Albi precede la bellissima “Cena con sponsali” di Gherardo delle Notti, in prestito dagli Uffizi, prestata in questa occasione vista la vicinanza stilistica a de la Tour.

Bellissima l’opera “Il denaro versato” in arrivo dalla galleria nazionale di Leopoli in Ucraina: la luce, chiave di tutto per i cosiddetti caravaggeschi, sottolinea il carattere confidenziale della scena ed il taglio del tavolo invita quasi lo spettatore a entrare nella trattativa.
Sarebbe stato interessante vedere le radiografie dell’opera che hanno confermato l’attribuzione a Georges de la Tour per saperne di più degli evidenti squilibri prospettici nei personaggi dietro il tavolo ma purtroppo non sono esposte in mostra.

Grande espressività anche nei personaggi della “Rissa tra musici” del 1625-30 prestato dal Getty. La propensione di Georges de la Tour per le scene complesse viene qui confermata e si possono notare tanti particolari che vanno dal limone che uno dei due litiganti vuole strizzare nell’occhio dell’altro, al sorriso divertito del personaggio a destra. In questo caso la stesura appare meno uniforme e meno corposa.

Tratto completamente diverso nell’opera “I Giocatori di dadi” del 1651, emblematico della seconda fase dell’artista, quella definita semplicisticamente ‘delle notti’.
Una tavolozza di colori ridotta ai soli toni del rosso e marrone e una semplificazione delle forme sono peculiari di questa fase, come evidente nella “Negazione di Pietro” del 1650.

In “Educazione della Vergine” del 1650 in prestito dalla Frick Collection Di New York troviamo la giovana Maria -in una moderna versione priva di aureola- che protegge la fiamma della fede al centro della tela. La luce le illumina il viso e rivela una scena di austera serenità.
Peccato che il Metropolitan non abbia prestato la celebre “Buona Ventura” che avrebbe ulteriormente arricchito la mostra, comunque opere di Paulus Bor, di Saraceni e due del Maestro del Lume di candela completano il percorso, portando, insieme a Gherardo delle Notti, una testimonianza della pittura coeva a Georges de la Tour.

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