È come se si nascondesse agli occhi di chi passa ma non è determinato a visitarla. É immensa rispetto al borgo che la circonda, eppure è come se questo la nascondesse per proteggerla. Poi si accede al cortile e finalmente se ne percepisce l’ampiezza.
Guido Reni, Guercino e Paolo Veronese nelle sale della Venaria Reale in prestito dalle gallerie Sabaude, danno il benvenuto nelle prime sale insieme a tre scena di caccia una di De Vos, e due attribuite a Frans Snyder.
I telamoni angolari con trofei militari e le iniziali intrecciate con sopra la corona sottolineano il ruolo di questa stanza come anticamera dall’appartamento reale destinato a Vittorio Amedeo II il quale incaricò Michelangelo Garove di trasformare secondo i canoni dell’architettura francese la raffinata reggia. A quell’epoca i Savoia avevano appena guadagnato il titolo Regio dopo aver liberato dai francesi la città di Torino nel 1706.
Della Camera di udienza della Regina colpiscono non solo gli arredi ma anche l’usanza: pare che la Sovrana si sedesse su una poltrona in mezzo alla sala e ponesse domande a chi aveva l’onore di poter presenziare. In assenza di domanda della Regina nessuno era autorizzato a parlare… una noia mortale ma l’importante era esserci.
Fra gli arredi, un tavolino, una magnifica console di Piffetti e un tappeto Ushak del 1650, oltre a un magnifico lampadario in vetro di Murano del 1790.
Lo stesso Piffetti protagonista della stanza da letto successiva con un arcolaio e tavolino legno lastronato intarsiato in avorio e tartaruga di metallo.
Di Luigi Prinotto invece la ‘mazzarina ‘ della stanza successiva. Magnifici anche gli stucchi del soffitto di Pietro Somasso del 1703-8.


Le consoles del ‘700 piemontese si sprecano…
…finchè si arriva alla Galleria Grande… la maraviglia! Impreziosita dagli stucchi, la galleria del ‘700 è ora popolata dall’installazione contemporanea di Valerio Berruti, la Giostra di Nina. Magnifico l’accostamento di antico e contemporaneo.
Notevoli anche le quattro stagioni scolpite da Simone Martinez per Palazzo Reale ma portate qui nel 1753.
Dalla Reggia si passa alle scuderie dove sono esposte le carrozze e… il bucintoro!
Il bucintoro dei Savoia è l’unico esemplare di imbarcazione veneziana originale del ‘700 poichè l’ultimo bucintoro dei Dogi è andato in fiamme a fine ‘700.
Ma non è ancora finita perche dopo le scuderie il percorso prevede la cappella di Sant’Uberto, capolavoro di Juvarra, iniziata nel 1716. La pianta circolare porta come riferimento le architetture di Palladio, Bernini e Borromini ma la cappella è rimasta incompiuta nella facciata e nella cupola, completate successivamente. L’altare maggiore e i dottori della chiesa sono opera dello scultore Giovanni Baratta mentre le tele negli altari del transetto sono di Francesco Trevisani e Sebastiano Ricci.
Una stanza intravista per caso prima dell’uscita dalla cappella svela le ultime due meraviglie di Venaria: un tabernacolo di Luigi Prinotto del1750 e la Battaglia di Lepanto di Palma il Giovane, il cui stile si può dire sia una sintesi tra Tiziano, Tintoretto e Veronese. Alla morte di questi, il Palma divenne protagonista della pittura veneziana, a partire dal 1590 circa. Mirabile l’immensa tela qui esposta.
La Venaria Reale è organizzata meno bene di Stupinigi ma in compenso è estremamente apprezzabile il fatto che in certi periodi dell’anno Reggia e giardino siano aperte fino alle 22.