La collezione Cerruti, perla del Piemonte

Nella tranquilla cittadina di Rivoli, tra le villette immerse nel verde della collina, c’é una casa che non si può immaginare, una casa che non si può definire in altro modo se non ‘perla’.
Dalla fine degli anni 70 fino al 2014 l’imprenditore collezionista Francesco Federico Cerruti ha raccolto in maniera riservata, attenta ma da grande conoscitore un insieme di opere che vanno da un trittico del trecento di Agnolo Gaddi a un Concetto Spaziale con quattro tagli rosso di Fontana, passando per Medardo Rosso e Modigliani.

La riservatezza che ha contraddistinto in vita  il collezionista, contraddistingue anche ora questa casa-museo dove non è possibile fare fotografie. Proverò a descrivere quello che ho visto perchè gli occhi sono pieni di meraviglia.

Si accede a uno studio dove si distinguono una scrivania alla mazzarina attribuita a Pietro Piffetti e una scrivania opera probabilmente di Giovanni Battista Galletti. Francesco Cerruti non si rivolgeva certo a qualcuno a caso ma si affidava a Pietro Accorsi, il migliore degli antiquari piemontesi-noto a tutti gli appassionati di mobili antichi- che ha arredato le migliori case di Torino, e non solo, diffondendo la conoscenza dell’arte del ‘700 in tutto il mondo. In questa sala vi sono, tra gli altri, un ritratto attribuito a Federico Barocci e un San Benedetto tra i rovi del 1633 di Tanzio da Varallo. È presente anche l’ultima opera acquistata da Cerruti, Jeune fille aux roses del 1897 di Renoir.
Ma c’è da dire che Cerruti era un grande imprenditore nel settore dell’editoria e aveva importato in Italia un sistema per le rilegature avveniristico, facendo fortuna. La fortuna gli consentì di acquistare opere eccezionali ma non dimenticò il valore dei libri antichi tant’ è che sono numerosi i pezzi di valore in collezione. In questa prima sala, tra gli altri, un testo di Francesco Colonna pubblicato da Aldo Manuzio a Venezia nel 1499.

Proseguendo, la sala della musica presenta distrattamente su un pianoforte opere di Medardo Rosso, Giacometti e Manzù, mentre alle pareti, tra gli altri, un Dosso Dossi e un’ opera di Paris Bordone.

Lo Scalone che porta al primo piano lascia letteralmente di stucco: si susseguono sulle pareti un Autoritratto del 1912 di Gino Severini, Antigrazioso di Umberto Boccioni sempre del 1912, un ritratto di Peter Lacy di Francis Bacon del 1956, Mattino di Felice Casorati del 1919-20, Il compasso del 1926 di Fernand Leger e, non ultima, la Donna dal vestito giallo (detta anche La bella spagnola) del 1918 di Amedeo Modigliani..
Sulla parete opposta alla scala un’opera di Savinio del 1928 e una Sirena del 1929 di Scipione, oltre a un piccola opera di Pablo Picasso del 1913, ad un’opera di Nicolas de Stael e a un piccolo dipinto di Mirò del ’52…

A questo punto già la testa gira ma non è ancora finita perché l’ingresso vero della casa -quello dal quale accedevano gli ospiti di Cerruti- è popolato da un’opera di Valerio Castello del 1655, da un olio di Simone Cantarini del 1637, da un Sisley del 1881 e da un Cézanne de 1877-78. Il tutto sopra un divano del ‘700 intagliato e dipinto in policromia.

Entrando nella sala da pranzo arriva un primo mancamento: sulle pareti, una delle collezioni private più importanti del mondo di De Chirico: otto le tele in collezione, di cui attualmente tre in prestito. Già la cosa sarebbe straordinaria in sé, ma oltretutto queste opere sono tutte degli anni ’10 e ’20, della fase quindi assolutamente più importante dell’artista!!

Prima di accedere alle stanze vi è una piccola anticamera che non solo ha in terra un Ushak a medaglioni anatolico del 1500 e un armadietto pensile di Piffetti, ma alle pareti presenta un’opera del 1902 di Giacomo Balla con originale cornice sagomata, due deliziosi Campigli, un paesaggio di Carrà, un Magritte, un Savigno e un Hartung.

A questo punto ci si chiede come mai questa collezione non sia maggiormente conosciuta ma poi si accede alle camere e si trova risposta nell’intimità in cui questi ambienti sono immersi. La camera della madre è stata predisposta perché la madre dell’imprenditore potesse soggiornarvi ma non è stata poi in effetti quasi mai utilizzata. Alle pareti un’opera di René Magritte, uno strepitoso Balla intitolato Velocità astratta del 1913, uno Chagall, una Danzatrice di Severini, un Sironi del 1919, un Max Ernst, un Yves Tanguy, tre Kandinskij e -giusto per non essere troppo prosaici- una Madonna con Bambino sopra al letto. Ma non una qualunque. Un’ opera del 1516 di Marco D’Oggiono, allievo di Leonardo. E il letto? naturalmente di Giuseppe Maria Bonzanigo della fine del ‘700.

Anche la camera successiva, chiamata Camera delle Rose, è uno scrigno di meraviglie con bene cinque opere di Morandi alla pareti oltre a una Madonna di Bernardo Strozzi e a un ritratto di fra’ Galgario.
E i mobili? Naturalmente del settecento e di Pietro Piffetti.

Il salone rettangolare presenta il sopracitato trittico di Agnolo Gaddi, figlio di Taddeo allievo di Giotto, una coppia di capricci architettonici di Francesco Guardi e due vedute veneziane del figlio di questi, Giacomo. Oltre a questi, una Sacra Famiglia di Domenichino, un San Lorenzo di Jusepe De Ribera, e un Giuseppe Pelizza da Volpedo intitolato Membra stanche (Famiglia di emigranti) del 1907.

Nel salone circolare due allegorie di Pompeo Batoni nonché una Madonna con Bambino di Francesco Francia, una commode francese laccata ‘alla cinese’ della metà del 1700 e un tavolino piemontese anch’esso del ‘700 decorato ad arte povera. Sotto a questo -con nonchalance- un tappeto Isfahan, detto anche polonese, del 1600 con nodo in seta e filo metallico su armatura in cotone.

Ultima delle camere, la camera nella torre.  Ideata e costruita come camera per l’ultimo addio dell’imprenditore, la stanza vede protagonista un piccolo letto circondato da opere di devozione, in particolare Madonne con Bambino. Qui l’opera più antica della collezione, una scultura policroma degli inizi del trecento. Tra gli altri dipinti, un San Rocco e un San Sebastiano del Bergognone, una Crocifissione di Marco di Paolo Veneziano e un Sant’Agostino del Sassetta.

Ma è il seminterrato a riservare ancora incredibili sorprese. E qui prende un secondo mancamento: De Dominicis, Casorati, Zandomeneghi e Robert Delaunay trovano  casa insieme a De Pisis, Campigli, Manzoni, Vedova, Burri, Sutherland, Licini, Kline e Fontana…
Non a caso su un pilastro portante della casa è esposto il primo acquisto di Cerruti, un acquerello del 1919 di Kandinskij. La sala dell’Ottocento poi propone opere di Boldini, Silvestro Lega, Angelo Morbelli, Fattori, Delleani e Signorini in una carrellata verso l’ultimo corridoio che presenta due opere di Warhol, tanto per chiarire -ce ne fosse stato bisogno- che il bello è bello, a prescindere salle epoche e dalle mode.

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