Il buio, uno spazio immenso a disposizioni e solo tre opere installate. Una scelta molto forte da parte di questo artista ormai celebre in tutto il mondo non tanto per la sua capacità plastica ma per il genio creativo. Pochissime delle opere di Cattelan sono fatte manualmente da lui ma la progettualità e lo studio che sono alle spalle dei suoi pezzi sono sempre alla base di tutto il lavoro e danno vita ad opere sempre pertinenti e molto incisive. Si apre così la ‘piazza’ dell’Hangar con la prima scultura.
Un uomo che dorme davanti a un cane. L’intento di Cattelan è di indurre a riflettere, creando immagini che si possano offrire a più letture, a più punti di vista.
In questo caso vediamo l’uomo con i bermuda, una maglietta e un cappellino di lana ma a scalzo.
Può essere un clochard con il suo cane?
Può essere una persona che si è addormentata sul divano ed il divano è stato sottratto dalla rappresentazione?
Può essere un cadavere?
Tante le possibili letture.
Anche la scelta del materiale ha un senso nella produzione di Cattelan. Qui la scelta è caduta sul marmo di Carrara che da solo attribuisce un senso aulico alla scultura e la nobilita l’opera proiettandola direttamente, con la sua stringente quotidianità, nell’olimpo delle rappresentazioni artistiche. Se il cane fosse stata una tassidermia o l’uomo fosse stato in cera l’esito sarebbe stato profondamente differente.
Ma la scena quindi è una riflessione sul sonno? Una riflessione sulla morte? Una riflessione sul rapporto tra uomo e cane?
Forse tutto insieme, verrebbe da dire.
La seconda opera esposta è un’ infinità di piccioni realizzati con la tecnica della tassidermia, ricorrente nella produzione di Cattelan proprio per il continuo sottendere della riflessione su vita e morte. Una parte di questi piccioni è stata sicuramente creata per l’occasione perché sono migliaia ma una parte è la rivisitazione della Biennale di Germano Celant del 1998 dove l’installazione era chiamata Tourists. Alla Biennale del 2011 l’installazione simile fatta sempre di piccioni era chiamata Others.
Qui si chiama Ghosts.
Sono loro i veri protagonisti della scena e i visitatori sono quelli che infastidiscono? Sono loro i veri protagonisti o sono fantasmi? Oppure siamo noi i fantasmi che attraversiamo Hangar? Anche qui la domanda rimane senza risposta univoca.
L’ultima opera è un diretto riferimento all’ 11 settembre. Per motivi personali l’artista è rimasto particolamente colpito dall’evento perché si trovava a New York, città in cui vive e lavora quando non è a Milano. Quest’opera si presta anch’ essa -come tutta la produzione di Cattelan- a diverse interpretazioni. In questo caso il monolite con l’aereo, realizzati in legno e resina, rappresentano in un certo senso la caducità dell’uomo e la morte che sopravviene. Il titolo é Blind perchè la morte rende ciechi.
Genio o non genio Cattelan riesce sempre a far parlare di sé e questo già contribuisce a renderlo un personaggio interessante. E la suggestione degli spazi dell’Hangar concorre a creare un palcoscenico davvero molto ‘scenico’.
Tutti parlano di Cattelan ma la sua mostra è preceduta da quella del giovane artista francese Neil Beloufa che merita altrettanta attenzione.
Nervosismo, frustrazione e spaesamento sono le sensazioni che inizialmente si provano visitando questa mostra perchè -obiettivamente- non si capisce niente.
E si sa che dietro la tenda nera comincia l’esposizione dedicata a Cattelan quindi questa mostra risulta ancor più complicata da capire. Passano tutti oltre, impazienti. Ma io mi ostino perchè nella sua assurdità la voglio capire e consacrarle il giusto tempo. Mi aiutano in questa scoperta i mediatori di Hangar Bicocca, eccezionali come sempre.
La mostra è completamente pilotata da tre “host” (intesi come identità digitali) identificati con tre colori che a propria discrezione accendono e spengono le varie installazioni e proiezioni.
Per visitare questa interessantissima mostra occorrerebbero in effetti 4 o 5 ore perché ognuno dei video proiettati è solo un frammento del video integrale messo a disposizione dall’artista tramite un QRCode.
Il totale spaesamento che prova lo spettatore è l’effetto desiderato dall’artista il cui obiettivo è far riflettere sul potere e sul potere soprattutto quando non è nelle proprie mani.
Il visitatore non ha la possibilità di attivare alcuna delle installazioni, nè quelle sonore né quelle visive, ma i temi affrontati sono molteplici, dall’inter-relazione tra le persone, agli effetti psicologici della guerra sui soldati dei vari eserciti. Diverse interviste sono proposte in monitor installati sopra a futuristiche panche da ginnastica.
E’ come se si avesse l’impressione di entrare in un luna park ma di quelli che fanno anche un po’ paura…
Interessante dunque e molto intensa. Da non ‘passare oltre’ insomma.