‘Fermati! Contempla…’ sembrano dire le opere di Robert Irwin a Villa Panza di Biumo

Villa Panza di Biumo è sempre un’ottima risposta ad un sabato pomeriggio libero.
Ha la giusta pacatezza, non è mai affollata ed è sempre in ordine. Dicono che la casa rispecchi la persona e in effetti pare che Giuseppe Panza fosse un uomo di grande cultura, molto pacato e di grande sobrietà, sia nei gusti che nell’attitudine.

Il corpo principale della Villa a forma di U è del 1750 ma quando Pompeo Litta Visconti Arese acquistò la proprietà intorno al 1830, decise di ingradirla con un magnifico salone ad opera di Luigi Canonica, una rimessa per le carrozze e i rustici sopra ad essa.
La serra ed il cortile furono invece creati da Piero Portaluppi, incaricato nel 1934 dal padre del Conte Panza collezionista.

Due volte all’anno i coniugi Giuseppe e Giovanna Panza, animati dalla stessa passione verso l’arte contemporanea, si recavano negli Stati Uniti. Sidney Janis e Leo Castelli furono i primi ‘fornitori’ del Conte ma Castelli non capiva come mai un giovane ragazzo italiano comprasse tutte quelle opere perciò volle venire a Varese a capire. E capì che aveva per le mani un collezionista straordinario, al quale non importava nulla della moda.

All’epoca tutti gli occhi erano puntati sulla scuola di New York e sulla Pop Art ma Giuseppe Panza intuì il valore dell’avanguardia, del non detto, della sobrietà. E dal ’66-67 si innamorò dell’arte minimalista americana. Acquistò anche opere di artisti come Rauschenberg, Lichtenstein e Claes Oldenburg -che di certo non si possono definire minimal- ma strada facendo si focalizzò sull’aspetto spirituale e sulla sobrietà della minimal e da quella non si allontanò più.
Robert Ryman, Donald Judd, Robert Morris tra gli arristi in collezione. In totale contrapposizione con la chiassosa arte newyorkese, era Los Angeles -grande come l’intera Toscana- la vera patria dell’arte ‘desertica’, misteriosa, silenziosa.

Le opere di David Simson sono le prime ad accogliere i visitatori ma la commistione di stili e di arti è di casa a Villa Panza perciò queste vengono accompagnate nelle magnifiche sale 700-800esche da ceramiche contemporanee decorate da Piera Crovetti e da vasi Venini.

Alfonso Fratteggiani Bianchi è uno dei pochi artisti italiani in collezione. Le sue opere sono realizzate su pietra serena.

Al primo piano mirabili sono gli esempi di compresenza di antico e contemporaneo: Phil Sims è protagonista ma lo è insiema a Venini, a due consoles del 1700, a due strepitose poltrone di Fantoni di nuovo del 1700 e a due antiche balaustre di area parmense.

La leggerezza delle opere di Christiane Löhr, costruite ad imitazione di strutture architettoniche, sono poste in dialogo con le tre tele degli anni ’80 di Ford Beckman.

Sembra che i due mondi trovino conciliazione nelle opere pesanti ma al contempo leggere di Allan Graham della sala successiva. Telai incurvati, spezzati, interrotti…

E in antitesi alle grandi tele, i ‘cubetti’ di Stuart Arends, distribuiti nelle varie sale, creano quasi un percorso parallelo. Le piccole dimensioni suggeriscono leggerezza ma il cuore, che li rende una via di mezzo tra pittura e scultura, è di piombo.

La parte più straordinaria di villa Panza è comunque quella cui si accede dopo tutti questi ambienti e dopo la carrellata di opere sopra descritte, quasi si dovesse affrontare un percorso per giungere preparati all’incontro con l’eccellenza: è la parte dedicata all’arte ambientale degli anni ’60 e ’70 con interventi site specific degli artisti.
Diversi soggiornarono per mesi in Villa. James Turrell per esempio rimase tre mesi. E ognuno di loro lasciò la propria impronta, concentrandosi su qualcosa di diverso. Fattor comune la luce ma… quanta differenza tra un intervento e l’altro! Non si può descrivere, questa parte va realmente vista e bisogna goderne come esperienza sensoriale per assaporarne realmente l’eccezionalità.
Dan flavin si concentrò sull’illuminazione artificiale e decise di creare il famoso corridoio e le celeberrime stanze illuminate con neon colorati che vi si affacciano.
Robert Irwin si concentrò invece sull’illuminazione naturale e creò finestre, magnifiche aperture sul verde che circonda la villa. Sono queste a mio parere le sale più belle e tutte le volte lasciano senza fiato. L’artista sembra dire al visitatore ‘Fermati!’. E colpisce nel segno perchè oggi viviamo correndo e di rado prendiamo il tempo di fermarci a contemplare. Il silenzio poi in cui è immersa la villa completa il quadro di pace che l’artista ha inteso offrire con il suo percorso.
James Turrell infine fu lo straordinario interprete che operò una sintesi tra il percorso di Flavin e quello di Irwin arrivando a creare la stanza ‘Valeriane’, con l’apertura nel soffitto, quasi punto di arrivo estremo di questo viaggio nell’arte.

Oltre la suggestione, una meraviglia, un’esperienza sensoriale che va vissuta per essere capita e che si rinnova ogni volta che si torna ospiti a Villa Panza.

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