Io sono senza dubbio un’esterofila ma tante volte mi chiedo cosa andiamo a fare all’estero. E soprattutto me lo chiedo quando scopro qualcosa di straordinario a due passi da casa.
Quanti lombardi conoscono la Casa Museo Ludovico Pogliaghi al Sacro Monte di Varese? Credo pochissimi. Donata alla Santa Sede da Pogliaghi stesso, la villa è poi passata all’Ambrosiana nell’ottica di agevolare la gestione ma è rimasta chiusa per anni. Riaperta dal 2014 grazie a fondazione Cariplo e a Regione Lombardia, è ora un gioiello aggiuntivo al Sacro Monte. Ma rimane molto scarsa la promozione sul territorio.


La casa è di una bellezza sconvolgente, senza mezzi termini.
Per chi non sapesse cosa si intende per eclettismo, una visita a questo posto incantato varrebbe più di mille spiegazioni. 1500 le opere e oltre 500 i reperti collezionati da questo eccentrico artista vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900.
Un vaso cinese di epoca Ming del ‘600 accoglie i visitatori in una delle prime sale. Il pezzo era già bello di suo ma Pogliaghi gli costruì una base in marmo e applicò ricche decorazioni in bronzo per renderlo più ‘contemporaneo’.
Commistione, contaminazione, conciliazione sono alla base dell’eclettismo che esplode in tutte le arti nella seconda metà del XIX secolo e tante opere qui ne sono testimonianza.

Sul terrazzino si trova un bozzetto del braciere realizzato dal proprietario di casa per la tomba del Canova a Possagno. Sicuramente Pogliaghi apprezzava molto l’opera del celebre scultore.

Dallo stesso terrazzino si vedono le colonne prelevate dal Lazzaretto di Milano e riutilizzate per creare una loggia all’ingresso, nonchè le finestre in stile veneziano.
Diversi sono i reperti anche nel giardino visibile dal terrazzo. Tra questi un prezioso pulvino. I reperti provenivano da luoghi ‘spogliati’. Oggi non lo faremmo più ma all’epoca non si faceva caso alla legittima provenienza dei pezzi quindi si prelevava e si ricollocava, anzi il riutilizzo era una pratica piuttosto usuale.




Ma è rientrando in casa e passando alla sala successiva che si rimane senza parole. È semplicemente in scala 1:4 una replica del bagno turco che Pogliaghi realizzò per lo Scia di Persia.

E questi, oltre al cospicuo pagamento, ripagò l’artista con una gigantesca e magnifica lastra di alabastro esposta qui. Il soffitto è in gesso e stucco mentre il pavimento è in marmo, ma uno dei marmi più preziosi al mondo.




La saletta ospita anche due sarcofagi del 750 a.C, uno dei quali, in condizioni particolarmente eccellenti, era di una delle cantanti di Karnak.

Da questa ‘sobria’ saletta si accede ad un enorme salone in cui a sorpresa si erge…

Un modello della porta centrale del Duomo di Milano in scala 1:1, alta 10 metri e realizzata unendo le formelle di gesso (che risulta non bianco a causa delle terre che lo scultore utilizzava per creare i chiaro-scuri).
Nel 1906/8 la porta in bronzo venne fissata al Duomo di Milano ma non sappiamo quando furono fissate qui queste formelle di prova, probabilmente negli anni ’20. L’evidenza ci dice che nemmeno le grandi dimensioni frenarono il Pogliaghi perchè fece sfondare il tetto per far stare l’altissima porta all’interno del salone…
Un tappet del ‘600 e due dipinti del Magnasco si godono lo stupore dei visitatori dalle pareti dello stesso salone. “Poveretti -sembrano dire- vanno sempre all’estero e non sanno quello che si perdono!”


Proseguendo si giunge ad una micro-galleria di antichità che toglie il fiato: tra i reperti, una ceramica di Luca Della Robbia appoggiata distrattamente per terra, un vaso greco del V secolo a.C., acquistato dai Borghese e un Ermes alato. La testa non era originale quindi Pogliaghi l’ha tolta e e gliene ha rifatta una più bella…





Grottesche, un forse-Tiepolo e uno pseudocaravaggio riportano verso l’ingresso della casa-meraviglia-museo Ludovico Pogliaghi.




Trovo turisti da tutta Europa qui a Varese nonostante la pandemia. Tutti qui per ammirare le 14 cappelle del Sacro Monte.






Il viale delle Cappelle è stato costruito a partire dal 1603 e completato nel 1660 circa.
Archistar del Sacro Monte è stato Giuseppe Bernascone (1565-1627) che qui lavorò tutta la vita: sue le cappelle ed anche il campanile del Santuario. Il percorso è dedicato ai
Misteri del Rosario, si snoda lungo 2 km circa ed è composto da 14 cappelle.
Perchè 14 e non 15 se i Misteri sono 15? Perchè la 15′ cappella è il Santuario stesso.
Notevoli in particolare la terza, la quinta e la tredicesima cappella con opere del Nuvolone e la settima con opere del Morazzone.
In particolare la quinta presenta sia affreschi di Francesco Nuvolone del 1650 sia 22 personaggi in terracotta creati da Francesco Silva e dipinti a freddo dal Nuvolone nel 1651.
La decima cappella, che è la più grande di tutte, presenta opere di Dionigi Bussola e gli affreschi di Antonio Busca.









Accanto alla terza cappella si trova la più inaspettata delle opere, un murales ad acrilico del 1983 di Renato Guttuso che rappresenta la Fuga in Egitto.

Accanto al Santuario invece si trova l’enorme bronzo raffigurante Papa Paolo VI di Floriano Bodini, opera molto contestata ai tempi della collocazione perchè ritenuta troppo ‘contemporanea’. Floriano Bodini era proprio di queste parti, per l’esattezza di Gemonio, dove ora esiste un museo a lui dedicato. In vita ebbe molto successo e diversi musei e collezioni posseggono sue opere.



Ma il ‘900 ha lasciato un forte segno in questi luoghi, non solo all’esterno ma anche all’interno. Il piccolo museo racchiude una sala che non ti aspetti tutta dedicata ad opere religiose del ‘900. E allora scopriamo che non solo c’è il bozzetto del murales del Guttuso, diverse opere di Bodini, ci sono anche un Cristo di Rouault, una piccola Croceffissione di Sironi, una Deposizione di Sassu ed anche una strepitosa Incoronazione della Vergine di Bernard Buffet del 1961.







Mentre si medita su come promuovere questo posto e le sue bellezze, si potrebbe cominciare se non altro a dotare le opere di cartellini senza vistose correzioni…