Cultura, tecnologia, innovazione.
Ecco che cosa è la Fondazione Rovati.
Sposa un concetto completamente moderno. È un museo per sottrazione. Espone pochi oggetti su cui è inevitabile concentrarsi.
Intrigati dal mistero di questa struttura inaugurata il 7 settembre ma celebrata e introdotta da diversi mesi tramite interessanti conferenze, i milanesi accorrono a visitare il nuovo museo. Si incontrano ragazzi e ottantenni in questo luogo che ha voluto e saputo creare suspense.
Eccola l’Etruria antica raccontata da immagini semplificate, disegnate, immediate come devono essere oggi, di veloce comprensione.



Mario Cucinella, architetto di fama internazionale, ha creato questo posto pazzesco all’interno di uno dei palazzi più belli di Milano, con affaccio sui Giardini Pubblici di Porta Venezia.
Nell’ipogeo, quattro nuclei centrali raccontano la vita degli etruschi, dagli spazi domestici alle attività produttive, dai commerci alle pratiche devozionali. I reperti, risalenti ai secoli tra il nono ed il secondo a.C., accolgono gli incantati visitatori. Le opere sono tutte in perfetto stato di conservazione.




Un curioso candelabro bronzeo del V secolo a.C. si affianca a tazze, secchi, coppe e oggetti di uso comune.

Un vaso di Picasso tenta di nascondersi tra i vasi etruschi, un grande piatto di Fontana racconta la sua Battaglia in mezzo alle battaglie antiche, una Testa di Medusa di Arturo Martini del 1930 spicca tra le coppe mentre il Naso che cammina di William Kentridge si confonde tra gli ex voto anatomici del III e II secolo a.C.




Una piccola area è dedicata anche all’oreficeria con straordinari manufatti intervallati da oggetti di grandi artisti della modernità come Giacometti e De Dominicis. Anche nel corso del XIX secolo l’oreficeria etrusca è stata apprezzata e copiata (pensiamo alla celebre famiglia di orefici Castellani) ma permettetemi di dire che nulla può competere con le paperelle in filigrana del VII secolo a.C.




Al piano nobile un lampadario di Giacometti accoglie i visitatori.

Nella seconda sala, la Danza Rituale di Andy Warhol si racconta accanto al bestiario raffigurato sulla selezione di reperti esposti.

Nelle vetrine i disegni di Augusto Guido Gatti che alla fine del 1800 rappresentò con straordinaria abilità i reperti etruschi.

Le Polaroid di Paolo Gioli completano questa innovativa sala, valorizzata anche dal recupero della magnifica boiserie.


La stanza seguente ospita un’installazione realizzata da Giulio Paolini espressamente per la fondazione. L’istallazione avvolge una strepitosa colonna figurativa della prima metà del II secolo.


E chi più di Giorgio De Chirico si è fatto catturare dalle antichità? Nella sala successiva un bellissimo Cheval del 1929, accostato ad un’armatura del 1590, ad una specchiera di Marianna Kennedy e ad un cavallo caduto di Ai Weiwei.


La stanza riempita dall’installazione di Sabrina Mezzaquì non necessita di commento. Troppo bella.



Persino Luigi Ontani, nella sala successiva, riesce qui a piacermi.
Un gesso di Fontana aiuta a rendere la sala gradevole così come l’azzeccatissimo colore delle pareti.

Ciliegina sulla torta di un museo perfetto un prato con un cartello che recita “Per preservare il giardino vi chiediamo di non calpestare l’erba…a meno che non siate bambini”.
