Nel 1916 nasceva il dadaismo al Cabaret Voltaire di Zurigo, nel 1919 era possibile sfogliare in un bar di Monaco la rivista metafisica di De Chirico Valori Plastici e nel 1924 prendeva vita il surrealismo a Parigi. Se mettiamo questi elementi in uno shaker, aggiungiamo filosofia, alchimia e psicanalisi, otteniamo Max Ernst.
400 le opere in mostra a Milano per questa grande retrospettiva.
Il dipinto che accoglie i visitatori è Edipo Re, del 1922, in prestito da un’importante collezione svizzera. L’arto trafitto, la noce, gli animali legati, la mongolfiera che vola libera nel cielo, hanno tutti significati ben precisi e piuttosto contorti che rimandano in larga parte alle riflessioni freudiane sulla sessualità.

Max Ernst predilige tecniche che prevedono una sorta di riuscita casuale dell’opera -come il frottage e la collotipia- e mettono in discussione l’intervento reale dell’artista.
Il ruolo di chi crea viene quindi rivisto ed indagato sulla base della spontaneità, del surrealismo, della casualità.


Civiltà del futuro, Palazzo di Cnosso, piramide Maya? Straordinaria e modernissima La città eterna del 1936 in prestito di nuovo da una collezione privata svizzera.

Nel 1937, lo stesso anno del Guernica di Picasso, Ernst dipinge il mostruoso Angelo del focolare, evidente presagio di sventura.

Con un’opera del 1939 porta all’estremo le indagini sulla casualità, appendendo un barattolo di pittura -bucato e colante colore- sopra ad un foglio. Dripping ante litteram alla Pollock?

Dopo complicate vicende amorose e a causa della guerra dilagante in Europa, dal ’41 al ’53 Max Ernst è in America, prima con Peggy Guggenheim e poi con l’amatissima Dorothea Tanning. L’America influenza non poco Ernst che assiste (e contribuisce?) alla nascita ed allo sviluppo dell’espressionismo astratto, mentre gli artisti americani si accostano alle tecniche ed alle sperimentazioni alle quali lui ormai era avvezzo. L’espressionismo astratto americano prende moltissimo dal surrealismo, mentre un’ opera grande come Tessuto di menzogne del ’59 dimostra come le dimensioni delle opere americane colpiscano e diventino parte della poetica dell’autore.

Nel 1954 viene premiato alla Biennale di Venezia ma, sebbene non sia un artista vanitoso, viene espulso nel ’55 dal surrealismo dall’irritabile (e forse invidioso) Breton.
Spunti da artisti a lui contemporanei sono ravvisabili nelle opere degli anni ’50. Tra tutti, Tancredi e Dubuffet.


Se la fisica è per gli scienziati, la metafisica per i filosofi, la patafisica è per quelli come Ernst che pensano alla logica dell’assurdo e alla scienza dell’impossibile. L’ultima sezione della mostra è popolata da criptografie, microcosmo e macrocosmo in una sintesi ideale degli studi di questo incredibile letterato, filosofo, genio.
